Le arance che acquistiamo al supermercato nascondono spesso un segreto poco noto: quella buccia lucida e perfetta che ci attira visivamente è molto probabilmente il risultato di trattamenti post-raccolta con sostanze conservative e lucidanti. Parliamo di fungicidi, cere alimentari e altri additivi applicati dopo la raccolta per prolungare la conservazione e migliorare l’aspetto commerciale degli agrumi. Eppure, queste informazioni rimangono frequentemente invisibili o poco evidenti al momento dell’acquisto, creando un problema concreto per chi desidera utilizzare la scorza in cucina.
Cosa si nasconde davvero sulla buccia delle arance
Dopo essere state raccolte, le arance intraprendono un viaggio complesso prima di arrivare sugli scaffali. Durante trasporto e stoccaggio, questi frutti vengono sottoposti a trattamenti specifici per prevenire muffe, marciumi e perdita di umidità . Tra le sostanze più utilizzate troviamo fungicidi come tiabendazolo, imazalil e ortofenilfenolo, tutti approvati nell’Unione Europea per controllare patogeni fungini come Penicillium e Aspergillus.
Questi composti chimici vengono applicati attraverso bagni o nebulizzazioni e sono regolamentati dal Regolamento europeo sui residui di prodotti fitosanitari, che stabilisce limiti massimi per ciascuna sostanza. Il punto critico riguarda però la comunicazione al consumatore: per i prodotti venduti sfusi, le indicazioni sui trattamenti sono spesso pressoché invisibili, posizionate in modo defilato o scritte con caratteri microscopici che nessuno legge davvero.
La questione diventa particolarmente rilevante quando decidiamo di grattugiare la scorza per preparare dolci, tisane o decorazioni alimentari. In questi casi, senza saperlo, potremmo ingerire residui chimici che non avremmo mai scelto consapevolmente di consumare.
La normativa c’è, ma quanto è davvero rispettata
Sulla carta, la normativa europea sulla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori prevede che i prodotti ortofrutticoli sfusi riportino l’indicazione dei trattamenti post-raccolta su cartelli visibili, con caratteri leggibili a un metro di distanza. Nella realtà quotidiana dei supermercati, però, questi avvisi sono spesso relegati in posizioni poco accessibili, con dimensioni ridotte che ne vanificano l’efficacia informativa.
Questa scarsa trasparenza rappresenta un problema concreto per diverse categorie di consumatori: chi soffre di sensibilità chimiche, chi segue un’alimentazione biologica rigorosa, genitori attenti all’alimentazione dei bambini. Tutti meriterebbero di accedere facilmente a informazioni che riguardano direttamente la loro salute e le loro scelte alimentari.
Non solo fungicidi: le cere che lucidano gli agrumi
Oltre ai fungicidi, le arance vengono frequentemente trattate con cere alimentari per conferire quella brillantezza attraente e ridurre la disidratazione del frutto. Queste cere possono essere naturali, come la cera di carnauba o la shellac, oppure sintetiche, e talvolta contengono additivi aggiuntivi come gomme o stabilizzanti.
Sebbene autorizzate nell’Unione Europea e considerate commestibili in piccole quantità , queste sostanze modificano sostanzialmente l’aspetto e la consistenza della buccia. Per alcune persone, inoltre, possono rappresentare un rischio: la shellac, ad esempio, deriva da insetti e potrebbe causare reazioni in soggetti sensibili. L’assenza di un’etichettatura dettagliata sul singolo frutto impedisce di identificare con precisione cosa sia stato applicato.

Come riconoscere le arance trattate
Esistono alcuni segnali visivi e tattili che possono aiutarci a identificare la presenza di trattamenti post-raccolta, anche quando l’informazione non è esplicitamente dichiarata:
- Lucidità anomala: una buccia eccessivamente brillante e cerosa indica quasi sempre rivestimenti protettivi
- Sensazione al tatto: le arance trattate hanno una superficie più liscia e scivolosa rispetto a quelle naturali
- Perfezione estetica uniforme: l’assenza totale di imperfezioni può suggerire trattamenti intensivi
- Odore attenuato: i rivestimenti possono ridurre l’intensità del profumo naturale dell’agrume
Tecniche pratiche per ridurre i residui
Se intendete utilizzare la scorza di arancia, il semplice lavaggio sotto acqua corrente non basta a rimuovere completamente residui di fungicidi e cere. Una tecnica più efficace consiste nel lavare accuratamente le arance con acqua calda e uno spazzolino a setole morbide, dedicato esclusivamente alla frutta, strofinando con delicatezza per rimuovere lo strato superficiale.
Studi sperimentali hanno dimostrato che il lavaggio con acqua calda combinato alla spazzolatura meccanica rappresenta uno dei metodi più efficaci per ridurre i residui di prodotti fitosanitari sulla superficie degli agrumi. Tuttavia, la soluzione più sicura rimane l’acquisto di agrumi certificati biologici quando si prevede di utilizzarne la buccia.
La normativa europea sull’agricoltura biologica vieta infatti l’uso di fungicidi di sintesi e cere sintetiche sugli agrumi, consentendo solo sostanze naturali limitate e garantendo maggiore trasparenza sulle pratiche post-raccolta.
Il diritto a sapere cosa mangiamo
La questione centrale rimane quella della trasparenza informativa. Come consumatori, abbiamo il diritto di sapere esattamente quali trattamenti sono stati applicati ai prodotti che acquistiamo, soprattutto quando intendiamo utilizzare parti del frutto tradizionalmente considerate a rischio come la buccia.
L’attuale sistema di etichettatura per prodotti sfusi presenta lacune evidenti in termini di visibilità e comprensibilità . Le associazioni di consumatori in diversi Paesi europei hanno sollecitato un’evoluzione normativa che preveda indicazioni più chiare attraverso etichette adesive o sistemi di tracciabilità che garantiscano l’immediata visibilità dell’informazione al momento dell’acquisto.
Nel frattempo, la difesa più efficace rimane la consapevolezza personale e l’adozione di comportamenti d’acquisto informati. Chiedere informazioni al personale del punto vendita, privilegiare fornitori che garantiscono tracciabilità completa e, quando possibile, rivolgersi a produttori locali che possono fornire garanzie dirette sulla gestione post-raccolta rappresentano strategie concrete per tutelare la propria salute e quella della propria famiglia.
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